14/05/2015 - SOLE 24 ORE - Intercettazioni tra business e rischi

SOLE 24 ORE - Manca una legge che regoli il settore - Pericoli di infiltrazioni mafiose e subappalti opachi

di Roberto Galullo

"Compare...a quell'amico nostro nell'albero...Avevano un posto con una capannina che facevano le mangiate no? Si sono accorti sapete come? Si è staccata là dall'alberello e l'hanno vista appesa e là se hanno voluto registrare...". E' l'8 aprile 2010 e quando il “saggio” della 'ndrangheta di San Luca (Reggio Calabria) Giuseppe Pelle racconta un vecchio episodio della “cimice” caduta dal ramo che rischiava di mandare di traverso l'abituale abbozzata di pranzo, non sa, paradossalmente, di essere intercettato. Pensava di essere più scaltro della polizia giudiziaria che, oramai, e in grado di piazzare telecamere e microspie nei posti più impensabili.

Le “cimici” invisibili.

Le “cimici" di ultima generazione sono rilevabili solo dagli esperti del settore pressoché invisibili. registrano e trasmettono i dati solo quando dalla centrale di ascolto della Procura decidono di scaricare il materiale perché gli ambienti “attaccati” (come si dice in gergo) sono liberi da presenze umane. Senza intercettazioni telefoniche ed ambientali, le indagini, a partire da quelle per corruzione,  mafia e terrorismo, sarebbero impossibili o trascinate per molto tempo su un binario morto. La figura del maresciallo di paese che raccoglie sussurri e grida per poi dipanare certosinamente le indagini resiste ormai solo in datati libri gialli o nei film in bianco e nero. Il paradosso è che, al crescere dell`importanza di questo strumento di intelligence e investigativo, aumenta la confusione nel momento in cui il servizio viene affidato all'esterno. Il che è ormai una prassi, visto che Polizia scientifica e Ros dei Carabinieri, che un tempo acquistavano e piazzavano in proprio le microspie lo fanno eccezionalmente.

Senza legge di riferimento.

In Italia non esiste una legge che regolamenti l'attività delle imprese che mettono lapropria professionalità nelle mani delle Procure. «Manca una disciplina organica - racconta Tommaso Palombo, presidente di Iliia, l`associazione di riferimento delle societàche offrono servizi e materiali per le attivitàdi intelligence e intercettazioni - e per la magistratura siamo consulenti anche questoè vero solo in parte. ll tecnico che opera afianco degli investigatori viene infatti nominato ausiliario di polizia giudiziaria e tenutoquindi a segretezza e riservatezza». L'unicoriferimento possibile è un regio decreto dell'18giugno 1931. Un altro mondo ed infatti noncompare mai la disciplina delle attività di produzione e detenzione di apparecchiature elettroniche finalizzate a intercettazione e bonifica da parte delle forze  di polizia. ln questo vuoto normativo alcune prefetture chiedono il rilascio delle licenza considerando quelleattività omologabili alla fabbricazione o detenzione di armi o materiali esplosivi. Quandonon ci pensano le prefetture a interpretare inordine sparso le nomine ci pensa la polizia postale, che in una provincia del nord, è giunta asequestrare microspie che viaggiavano sufrequenze militari oppure alcune Procureche, prima di assegnare l'incarico. hanno richiesto il nulla osta di sicurezza personale perpoter trattare informazioni, documenti, o materiali classificati come “segretissimi”, “segreti", “riservatissimi” o “riservati”, con o senzauna qualifica di sicurezza internazionale.

 L'assenza di un Albo.

Non esiste un albo e neppure un elenco eppure le imprese che operano in questo delicatissimo settore sono molte. Quelle riunite in lliia, tutte di “peso”, sono 51: quelle del comparto, a fine 2014, erano 148, con 1910 dipendenti e 198 mila interventi operati e un fatturato di 85 milioni ai quali si aggiungono gli 85 milioni della filiera. L'incarico del servizio da parte delle procure (la richiesta parte dal pm titolare dell'indagine e  l'autorizzazione temporale è concessa dal Gip) è lasciato a variabili incerte. Accade così che l'affidamento diretto diventi la pratica più diffusa, in forza di un vincolo di fiducia che lega il magistrato a società considerate serie e affidabili che in Italia non mancano di certo, al punto che alcune lavorano anche con i governi stranieri. Quando questo legame non c'è, chiunque può mettersi sul mercato (spesso sulla base di offerte al ribasso) e puntare ad essere scelto. Per quanto le imprese serie facciano una selezione rigorosa del personale,di fatto non esiste o non è richiesto (se non per scrupolo personale del pm o della polizia giudiziaria) alcun monitoraggio sugli assetti societari o sul personale e la storia ha dovuto registrare casi di aziende di parenti di magistrati, appartenenti a forze dell'ordine o dipendenti anche di procure e tribunali dalle quali era partito il mandato perle intercettazioni, con un palese conflitto di interessi.

No al sub appalto ma...

Non è possibile subappaltare il servizio ma, come ha ricordato il capo della Procura di Roma Giuseppe Pignatone l'11 dicembre 2014 in Commissione parlamentare antimafia, questo accade: «Ci sono zone territoriali in cui la compenetrazione, per dirla in termini eleganti, tra interessi diversi è tale per cui difficilmente un'attività di intercettazione durerà più di 30-40 giorni senza che l'interessato sia in qualche modo da qualcuno avvisato». E in questi casi, in barba all'etica e ai conflitti d'interesse, può accadere che un'impresa che lavori abitualmente per le Procure venga chiamata dai soggetti che hanno scoperto intercettazione ambientale o telefonica, a bonificare quegli ambienti che i loro concorrenti hanno coperto di telecamere o microspie.

Il rischio di infiltrazioni criminali.

Il Garante della Privacy, Antonello Soro, ospite del talk show KlausCondicio, ha dichiarato: «Mi meraviglierei del contrario e cioè che la 'ndrangheta non fosse in grado di intercettare mail e telefonate. La criminalità informatica ha assunto dimensioni globali assolutamente straordinarie rispetto solo a quattro anni fa». Nessuno può escludere che tra le società che operano per delega della Giustizia, ci siano prestanome delle cosche. Il 29 giugno 2012 in contrada Scarazze di Cutro (Crotone) la Compagnia dei Carabinieri di Crotone perquisì l'abitazione di Antonio Grande Aracri, fratello di Nicolino Grande Aracri, l'uomo che da Cutro Reggio Emilia molto può e molto muove anche se i lunghi periodi di galera hanno sfiancato la cosca. Per due ore la polizia giudiziaria andò a caccia di armi e munizioni detenute illegalmente ma nel verbale ricevuto dalla Procura di Catanzaro scriveranno che l'esito fu «negativo». Armi e munizioni zero ma questo imprenditore agricolo,appoggiato, sigaretta in mano, allo stipite di una porta, assistette passivamente al ritrovamento di una cassaforte in un magazzino, che fu lui stesso ad aprire. Dentro neppure un bossolo ma attrezzi, documenti e immagini sacre. L'immagine sacra non riservò sorprese è quella della Maria Ss della Montagna di Polsi a San Luca (Reggio Calabria). Non poteva essere diversamente. Quel che lasciò perplessi fu il ritrovamento della bozza di un atto costitutivo, senza data, indicazioni di soci e generalità, di una srl che avrebbe dovuto essere chiamata “lntelligence culture and strategies analysis - Eclipse", con sede legale a Cutro e oggetto sociale "attività di supporto a quelle che sono le attività di intelligence delle Procure (...) la fornitura per installazione, produzione e noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche, ambientali, audio-video".  Una cosa del genere è degna di massima attenzione e i Carabinieri, infatti, annotarono come avesse lo stesso nome della Fondazione costituita il 9 agosto 2010 a Roma, il cui presidente era l'attuale sottosegretario al ministero dell'Interno, con delega ai servizi segreti, Marco Minniti (che si dimise da ogni carica quando, il 17 marzo 2013 assunse il ruolo di sottosegretario dell'Interno con delega ai servizi segreti) i cui scopi principali sono quelli di studio, analisi ricerca,cultura, comunicazione e formazione ma al cui interno,alla voce "attività,albi ruoli e licenze" registra anche servizi di vigilanza e investigazione. Il sottosegretario Minniti si è limitato a dichiarare al Sole-24Ore "che in Calabria la realtà supera ogni forma di fantasia".

 

 

 

 

 

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Le Fasi delle intercettazioni

1) ACQUISIZIONE DELLE INFORMAZIONI

Il termine “intercettazioni” è riferito solo alla fase 1, che viene svolta:

• Dal gestore telefonico, per quanto concerne le intercettazioni telefoniche, che clona l’utenza telefonica reindirizzando le comunicazioni ad una “sala ascolto” in Procura.

• Da materiali tecnici, denominati di “attacco”, più o meno Hi Tech, installati da tecnici specializzati presso i luoghi e/o sui mezzi dove deve essere rilevata una voce, una posizione, un video o dati informatici.

2) TRASPORTO INFORMAZIONI AL CENTRO DI CONTROLLO

La Fase 2 è svolta:

• Dal gestore telefonico:

per le intercettazioni telefoniche

per i rilanci “punto-punto”, su doppini telefonici disponibili, di intercettazioni ambientali

per i rilanci su rete GSM/UMTS/LTE

• Da tecnici specializzati tramite connessioni e ponti RF e/o WI FI o connessioni VPN in internet

3) REGISTRAZIONE DELLE INFORMAZIONI

La fase La fase 3 è svolta da società private che mettono a disposizioni server di registrazioni ed infrastrutture di rete

4) ANALISI E TRATTAMENTO DELLE INFORMAZIONI

La fase 4 è svolta dagli operatori di Polizia Giudiziaria.

 

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